La tutela e la valorizzazione del patrimonio immateriale, tra diritto internazionale e diritto interno

di Luigi Mariano Guzzo

È ancora scarsa in Italia la consapevolezza dell’importanza di tutelare e di valorizzare i cd. beni “immateriali” o “intangibili”, che compongono il patrimonio demoetnoantropologico (tant’è che questi beni vengono anche solitamente indicati con l’acronimo D.E.A.). Da questo punto di vista, l’ordinamento giuridico italiano sembra essere per certi aspetti troppo ancorato all’idea di “materialità” del bene culturale, secondo la definizione che di questo ne offriva la Commissione Franceschini come “testimonianza materiale avente valore di civiltà”.

In realtà l’aggettivo “materiale” scompare nella definizione che di bene culturale offre l’art. 148 del d.lgs.vo n. 112 del 1998, circa la distribuzione di compiti e funzioni tra Stato, regioni ed enti locali. Tant’è che la disposizione comprende anche un riferimento al patrimonio “demoetnoantropologico”, come farà peraltro pure l’art. 4 del Testo Unico in materia di beni culturali e ambientali (d.lgs.vo n. 490/1999).

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